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Gennaio 2016

Il monitoraggio del dipendente nei luoghi di lavoro: dal controllo dei computer aziendali alla videosorveglianza

Una importante pronunzia in riferimento alla videosorveglianza che inquadra i lavoratori. Quali  possibilità hanno i datori di lavoro di controllare e monitorare i dipendenti?

La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo si è pronunziata sancendo (nel singolo caso di un lavoratore licenziato) che gli interessi del datore di lavoro, prevalgono sul diritto alla privacy del lavoratore che presso il primo presta la propria opera.
Il giro di vite sui lavoratori fannulloni è diventato realtà nonostante sia una forma di restrizione veramente pregante: la recente sentenza ha dato a ciò una legittimazione sovranazionale.
Il peso di una sentenza del genere risulta in tutto il proprio spessore, dato che ad aver legittimato le intrusioni del datore nei computer (a danno di diritti dei lavoratori ed allo scopo di controllarli) è stata la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che tali diritti invece, avrebbe dovuto tutelare.
Alla base del licenziamento sono state poste le informazioni tratte dalle conversazioni private effettuate dal lavoratore dall’account aziendale, nell’orario di lavoro e giustificate dal fatto che il datore potesse accedere al computer ed agli altri strumenti che egli stesso aveva fornito al proprio dipendente (computer e connessione erano infatti forniti dall’azienda): certo (a suo dire) che vi avrebbe trovato solo contenuti inerenti l’attività lavorativa.
Nel caso di specie, il licenziamento del lavoratore nel 2007, era stato motivato dal fatto che lo stesso utilizzava un servizio di messaggistica per chattare con la fidanzata e con il fratello, durante l’orario lavorativo.
Risultano però di tutta evidenza la lesione della privacy e la violazione della riservatezza della corrispondenza nonché l’assenza di un bilanciamento tra le esigenze di produzione del datore ed i diritti costituzionalmente garantiti.
Sembra un passo indietro rispetto alle conquiste sindacali dell’ultimo secolo, eppure tutto ciò è realtà.

E la situazione è aggravata dal fatto che lo statuto dei lavoratori vietava espressamente la videosorveglianza, il controllo a distanza nei luoghi di lavoro, mentre invece il jobs act per adeguarsi al trend europeo, ha di recente consentito alle aziende di utilizzare a fini disciplinari, sia gli strumenti di lavoro dati ai dipendenti (come pc, tablet e cellulari) sia i sistemi di videosorveglianza. Saranno sufficienti un accordo sindacale ed una informativa preventiva fornita ai lavoratori su questa facoltà del datore.
Eccoci catapultati nel lungimirante romanzo di Orwell, 1984, ove un grande occhio tiene costantemente sotto controllo la vita di tutti i cittadini.

 

Nel testo del Job Act confermato l’utilizzo della videosorveglianza per il controllo a distanza vietato dallo statuto dei lavoratori

Secondo la novella legislativa, infatti, è possibile l’installazione di questi apparati per finalità indirette di controllo a distanza dei lavoratori non più per sole esigenze produttive, organizzative o di sicurezza sul lavoro, ma anche con l’obiettivo di tutelare il patrimonio aziendale.

Perché l’impianto possa dirsi lecito, sarà comunque necessario per i datori di lavoro seguire il solito iter autorizzativo (informativa ed istanza alla Direzione Territoriale del Lavoro). Sarà, tuttavia, più semplice per l’imprenditore proteggere il proprio patrimonio senza dover entrare continuamente in contrasto con quelle che erano le precedenti disposizioni dettate dallo Statuto dei Lavoratori, il quale, appunto, limita espressamente il controllo a distanza dei dipendenti.

Nessuno potrà risparmiarti gli inconvenienti che sorgono con il datore di lavoro, o con la tua società, ma puoi scegliere di farti assistere da professionisti competenti come quelli del nostro studio per avere assistenza legale e per una consulenza. Troverai ulteriori informazioni alla sezione contatti del nostro sito o alla sezione collaborazioni.

 

 

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Per utilizzare un impianto di videosorveglianza in azienda non è sufficiente far sottoscrivere ai lavoratori dipendenti una nota di consenso, in quanto il consenso espresso dai lavoratori è materia del Codice Privacy, previsto dagli artt. 23 e 24 del D.Lgs. n. 196/2003. Esso non ha nulla a che fare con la procedura prevista dall’art. 4 della Legge n. 300/1970.  

Art. 4. Impianti audiovisivi. 
1. Gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale e possono essere installati previo accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze sindacali aziendali. In alternativa, nel caso di imprese con unità produttive ubicate in diverse province della stessa regione ovvero in più regioni, tale accordo può essere stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. In mancanza di accordo, gli impianti e gli strumenti di cui al primo periodo possono essere installati previa autorizzazione delle sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro o, in alternativa, nel caso di imprese con unità produttive dislocate negli ambiti di competenza di più sedi territoriali, della sede centrale dell’Ispettorato nazionale del lavoro. I provvedimenti di cui al terzo periodo sono definitivi. (2)
2.  La disposizione di cui al comma 1 non si applica agli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e agli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze.
3. Le informazioni raccolte ai sensi dei commi 1 e 2 sono utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro a condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli e nel rispetto di quanto disposto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196. 

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