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Giugno 2015

L’offesa su Facebook è «a mezzo stampa»

Con la sentenza n.24431/15 la Cassazione afferma che risulta essere integrato il reato di “diffamazione aggravata” nel momento in cui un “post” scritto su Facebook viene pubblicato, come se la medesima notizia fosse riportata dalle testate giornalistiche. Il fondamento dell’aggravante risiede «nella potenzialità, nella idoneità e nella capacità del mezzo utilizzato per la consumazione del reato a coinvolgere e raggiungere una pluralità di persone (…) con ciò cagionando un maggiore e più diffuso danno alla persona offesa».
E se lo «strumento principe della fattispecie in esame» (diffamazione) è la stampa quotidiana e periodica, è anche vero che la norma prevede «qualsiasi altro mezzo di pubblicità» per poter applicare l’aggravante che porta la pena fino a 3 anni di carcere. Il meccanismo delle amicizie “a catena” di Facebook, in sostanza, «ha potenzialmente la capacità di raggiungere un numero indeterminato di persone e, pertanto, di amplificare l’offesa in ambiti sociali allargati e concentrici».

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