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Tutela contro i rumori molesti

Il disturbo della quiete cagionato da rumori che superano la normale soglia di tollerabilità può essere tutelato sia in sede civile che in sede penale, con dovute differenze. Posto che le immissioni siano in grado di ledere gli interessi della persona umana costituzionalmente garantiti come il riposo notturno, la serenità e l’equilibrio della mente, con ciò confermando un orientamento consolidatosi nel corso degli anni (Cass. nn. 26972/2008 e 26975/2008) e che la natura stessa del diritto di proprietà esclude ogni condotta che abbia quale risultato quello di limitare il godimento di un bene, risulta pacifico che sorge in capo al soggetto leso il diritto di ottenere la cessazione delle turbative ed il risarcimento del danno.

Doverosa premessa è individuare quali rumori possano essere considerati eccedenti la normale soglia di tollerabilità.

Si tratta di rumori che impediscono lo svolgimento delle normali attività diurne o del riposo notturno ed altresì di quei rumori che eccedono la soglia di decibel fissata.

I rilievi per calcolare l’intensità dei suoni devono essere effettuati sia a finestre chiuse che a finestre aperte. I rumori per rientrare nel novero di quelli intollerabili devono essere superiori ad un numero di decibel che è diverso a seconda delle ore diurne (maggiore) o notturne (inferiore) ed a seconda delle condizione dei luoghi: l’immissione rumorosa consentita sarà infatti maggiore nelle zone industriali e minore in quelle residenziali.

Il secondo comma dell’articolo 844 del codice civile stabilisce che il giudice, nel momento in cui è investito di una tale problematica, deve valutare il caso anche contemperando le esigenze della produzione con le ragioni della proprietà.

Tuttavia anche se la legge tende a tutelare l’interesse legato all’attività economico/produttiva (così è per esempio per chi abita nei pressi di un disco pub), ciò non toglie che l’assoluta  assenza di cautele e di interventi diretti a contenere la rumorosità possa dare diritto a chi subisce le immissioni a chiedere la cessazione dell’attività rumorosa e il risarcimento del danno. La giurisprudenza inoltre ha anche interpretato questa regola nel senso che, quando le esigenze della produzione lo imponessero, sarebbe possibile consentire immissioni che superano la normale tollerabilità, previo pagamento di equo indennizzo (Cass. Civ. Sez. II, 1226/93 )

Anche se, come detto, i rumori – per cagionare danno – devono superare, in linea di massima, la soglia di normale tollerabilità, questa non è una verità assoluta. Infatti,  in ogni caso, le immissioni rumorose possono considerarsi illecite anche a prescindere dal superamento dei limiti di accettabilità previsti dalle normative in materia di inquinamento acustico e ambientale. Secondo consolidata giurisprudenza, infatti, mentre il superamento di tali limiti rende comunque inaccettabili le immissioni sonore, il rispetto degli stessi non è tuttavia sufficiente a renderle in assoluto tollerabili (v., tra le altre, Cass. nn. 939/2011, 5564/10, 1418/06 e 1151/03).

Per quanto concerne la tutela in sede penale, i rumori molesti sono perseguiti penalmente a norma dell’articolo  659 del codice penale che sanziona  “chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche, ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone, gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici”.

Al secondo comma, invece, viene diversamente punito chi esercita una professione o un mestiere rumoroso contro le disposizioni della legge o le prescrizioni dell’Autorità.

In ogni caso il reato di disturbo alle occupazioni e al riposo delle persone, se sia di intensità tale da violare la quiete o impedire il riposo degli inquilini di tutto il condominio o della maggior parte di esso, è perseguibile anche se la lamentela è denunciata da una o poche persone.

Sebbene non espressamente prevista dalla legge, una serie di sentenze e la pratica giurisprudenziale hanno adottato contro i rumori eccessivi e molesti (da poco), la disciplina in materia di stalking di cui all’articolo 612 bis del Codice penale, introdotto nel 2009 , che può essere applicata in tutti quei contesti – dunque, non solo quelli di coppia – in cui sia posta in essere un’attività insistente in grado di generare inquietudine in chi la subisce, che può portare all’allontanamento dal condominio di questi “stalker” a seguito di un’ordinanza del Gip.

La norma che punisce gli atti persecutori può essere dunque applicata anche alle questioni di pianerottolo.

 Si ricorda tra tanti, il caso di un uomo a Padova, denunciato 8 volte per rumori nelle ore di riposo (radio a volume elevato, lanci di oggetti contro le pareti) e condannato a non avvicinarsi entro 500 metri dalla struttura condominiale. Anche a Rimini, un uomo è stato condannato al “divieto di comunicazione” coi vicini e restrizione di permanenza nelle aree comuni per aver recato disturbo nelle ore notturne con martellamenti sul pavimento, schiamazzi, suonate di campanello.

Si può inoltre trovare tutela anche in sede amministrativa, ad esempio, nel caso in cui il disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone derivi dal superamento dei limiti massimi o differenziali di emissione del rumore fissati dalle leggi o dai provvedimenti amministrativi (cfr. Cass. n. 34920/2015). Tra le normative amministrative speciali che regolano la materia, si segnalano il d.p.c.m. 1 marzo 1991 (Limiti massimi di esposizione al rumore negli ambienti abitativi e nell’ambiente esterno), la legge n. 447/1995 (Legge quadro sull’inquinamento acustico), il d.p.c.m. 14 novembre 1997 (Determinazione dei valori limite delle sorgenti sonore), il d.m. 16 marzo 1998 (Tecniche di rilevamento e di misurazione dell’inquinamento acustico) e il d.lgs. n. 194/2005 (Attuazione della direttiva 2002/49/CE relativa alla determinazione e alla gestione del rumore ambientale). Ma è più difficile ottenere ristoro in quest’ultima sede.

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